Spettacolo di e con: Maria Giulia Campioli, Elisa Lolli
Musiche e canzoni originali: Tupamaros (Stefano Garuti, Francesco Grillenzoni)
E la speciale partecipazione di: Giovanni Taurasi
Produzione: Aporie, Teatro al Quadrato
“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei proprio sogni.” Eleanor Roosevelt
Ci sono sogni ad oggi aperti e sogni ad occhi chiusi.
Ci sono valigie stracolme per viaggi brevi e valigie striminzite per partenze senza ritorno.
Ci sono sogni giovani che guardano in avanti e sogni antichi, rivolti al passato.
Ci sono luoghi immaginari per destinazioni impossibili, e luoghi reali per nuovi viaggi da programmare.
Si parte, o si resta, sempre: per lavoro, per esperienza, per missione, per amore, per paura…
Ognuno di noi ha radici e ali. E ogni tanto può scegliere quando e come spiccare il volo.
Qualunque sia la destinazione, il mondo di oggi è sempre più meticcio, colorato, ricco di suoni e accenti insoliti, profumato di spezie antiche, anche se disegnato con skyline futuristici…
L’Italia non fa eccezione. Anche la lingua si evolve ed entrano a farne parte alcune parole, mai sentite fino a pochi anni fa: dal guacamole al cous cous, dallo shiatsu al kebab… Una vera e propria nuova comunità linguistica, i cui nuovi membri restano perlopiù estranei, per noi.
Perché tutti, in un modo o nell’altro, rientrano nella grande categoria degli immigrati.
Ne sentiamo parlare al telegiornale, alla radio, sui quotidiani. Cinesi, ucraini, senegalesi, marocchini, albanesi, riempiono le agende politiche e i discorsi da bar… quasi come se la “questione immigrazione” fosse una delle tante piaghe degli ultimi 20 anni a cui ancora non si è trovato rimedio.
La verità, però, è che le migrazioni per motivi religiosi, politici, di sopravvivenza, esistono da quando esiste il Mondo, come anche la Bibbia racconta. Anche noi italiani siamo stati a lungo emigranti: povera gente imbarcata in terza classe verso il miraggio dell’America, o stipata nei treni diretti alle miniere del Belgio.
Molti cantautori hanno dedicato a questi viaggi della speranza le loro canzoni, raccontando le storie di migranti che sono gli stessi che oggi affollano i barconi sul Mediterraneo o i camion che attraversano la frontiera di notte a Gorizia.
I poeti hanno composto versi sui loro sogni e sulle loro sofferenze.
Qualcuno ha scritto saggi, romanzi e racconti per narrare le loro storie.
Questa la ragione per cui la forma più consona per raccontare di viaggi, sogni e migrazioni attraverso uno spettacolo ci è sembrata proprio il melting pot, un insieme colorato, multiforme e a tratti divertente, intrecciato di parole, emozioni, statistiche, testimonianze, canzoni.
Per raccontare con leggerezza le storie dei vicini e dei lontani. Per generare conoscenza reciproca, empatia, comprensione. Per metterci in relazione, contro le facili catalogazioni e i pregiudizi.